Dallo scrittore Myprotein Leonardo Cesanelli, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari, laureando in Nutrition and Functional Food.
Stress Fisico
L’esercizio fisico o la pratica di uno sport rappresentano per l’organismo un fattore (“stressor”) in grado di interferire ed alterare le caratteristiche e l’equilibrio funzionale dello stesso in condizioni di riposo. Infatti l’esercizio fisico può essere considerato proprio uno dei principali stressor dell’organismo umano ed animale e a cui reagisce attraverso una serie di risposte fisiologiche che coinvolgeranno principalmente il sistema neuro-endocrino ed il sistema nervoso autonomo.
Quando un individuo pratica un’attività sportiva di adeguata intensità viene attivato il sistema endocrino in frazioni di secondo per garantire il corretto equilibrio funzionale durante questa nuova situazione venutasi a creare: garantire il supporto delle funzioni vitali di base e l’allertamento/attivazione generale dell’organismo, ottimizzazione della risposta biologica alla specifica tipologia di evento anche in relazione alle condizioni ambientali a cui l’organismo è esposto.
I pathway ormonali coinvolti nell’esercizio fisico non si limitano alla durata dello stesso ma svolgono un ruolo determinante nelle fasi di recupero sia a breve che a lungo termine.
Risposta Ormonale
Negli ultimi anni gli studi che hanno valutato e cercato di approfondire gli aspetti legati alla risposta ormonale all’esercizio fisico si sono concentrati maggiormente sul pianto quantitativo valutando ad esempio le concentrazioni degli stessi prima, durante e a distanze temporali diverse nel periodo di recupero.
Il limite di queste analisi può però essere quello dell’impossibilità di valutare il motivo di eventuali variazioni osservate.
Ad esempio dopo un esercizio fisico un ormone può aumentare nel sangue per via dell’aumento della sua sintesi e secrezione ma anche perché la sua degradazione o ingresso nei tessuti target risulta diminuita.
Per incorrere a questo problema sono state sviluppate diverse metodologie di indagine e valutazioni qualitative che permettono uno studio più approfondito della secrezione ormonale negli atleti valutando attività biologica, funzione recettoriale e interazioni tra diversi ormoni, genoma e sistema endocrino.
1. Risposte neuro-endocrine
In generale possiamo distinguere due tipi fondamentali di risposte neuro-endocrino all’attività motoria svolta dall’atleta.
Risposte ormonali all’esercizio fisico acuto, ovvero modificazioni transitorie non stabili ascritte ad un singolo esercizio o fase dell’allenamento o competizione; risposte ormonali all’esercizio fisico cronicamente svolto, ovvero modificazioni stabili (correlate alla persistenza dell’allenamento) che possono presentarsi dopo la pratica di un adeguato programma di allenamento (ripetizione programmata e continuata nel tempo di singole sedute di esercizi fisici acuti).
2. Risposte all'esercizio acuto
Partiamo dall’esercizio fisico acuto. In primis è debito precisare come gli esercizi fisici acuti possano essere molto differenti tra loro sia in base al tipo di esercizio (gara, seduta di allenamento o singolo esercizio dell’allenamento) sia in base al tipo di sport praticato.
A tal proposito, la durata dello stesso risulta l’unico parametro facilmente standardizzabile, discorso diverso per l’intensità che può essere standardizzata nel caso in cui vengano effettuate prove di laboratorio (ciclo-ergometro, nastro trasportatore, ecc.) o effettuando monitoraggi “funzionali” della prova in questione (FC, consumo O2, acido lattico, ecc.).
In generale gli esercizi fisici acuti sono stati suddivisi in lievi, moderati, pesanti, massimali, sopra-massimali (categoria) o in base al consumo di ossigeno (<35%; 35-70%; >70%; 100%; >100% del VO2 max) o per tipologia di metabolismo coinvolto (aerobici, aerobici-anaerobici, anaerobici alattacidi e anaerobici lattacidi).
In seguito ad esercizio fisico acuto vengono secreti nell’atleta i diversi mediatori della risposta allo stress in questione andando ad agire sia a livello tessutale (azione paracrina) che a livello generale (azione endocrina).
La concentrazione degli stessi è dipendente dal tipo di ormone considerato, ad esempio avremo un rapido incremento delle catecolamine mentre sarà più lento quello degli ormoni steroidei, per poi diminuire dopo un picco massimo (60-120 minuti post) sempre in relazione al tipo di esercizio e all’ormone preso in considerazione.
In realtà i meccanismi in questione sono molto più complessi, ad esempio l’IGF-I sembra agire diverse ore successive l’allenamento all’interno della fase di recupero e dipendente dalle esigenze metaboliche e riparative tissutali dell’organismo, ma ancora, alcuni ormoni da stress negli atleti sembrano seguire una risposta “anticipatoria” nei confronti dell’esercizio fisico o della gara (catecolamine, ACTH, PRL, ecc.).
Valutare la risposta ormonale “acuta” all’esercizio fisico appunto acuto nell’atleta risulta fondamentale per raggiungere una performance ottimale in competizione o allenamento e per programmare ed ottimizzare al meglio le fasi di recupero.
Difatti, gli ormoni rilasciati nella fase di recupero risultano fondamentali nel garantire disponibilità di substrati energetici, attivazione del sistema nervoso centrale, adattamento dell’apparato cardio-vascolare, i processi riparativi tissutali, l’equilibrio idro-salino, termoregolazione, resistenza a fatica e dolore, ecc.
Risulta comunque importante come per ogni ormone che aumenta durante e/o dopo l’attività fisica acuta potranno esservi effetti biologici utili alla prestazione stessa e al recupero o dannosi in relazione al tipo di ormone in questione (valuteremo questi aspetti in seguito).
3. Risposte all'esercizio cronico
Passiamo ora all’esercizio fisico cronico (allenamento). In questo caso dovremmo tenere in considerazione un vero e proprio processo di adattamento biologico a carico dei differenti sistemi ed apparati coinvolti direttamente o indirettamente nell’attività praticata.
Per quanto riguarda il sistema endocrino, è chiaro come lo stato ormonale basale di un atleta che si allena non sarà lo stesso dello stesso individuo non allenato o meno allenato.
L’esercizio fisico cronico (allenamento) sembra difatti in grado di ottimizzare le risorse biologiche necessarie a supportarlo, condurre ad una risposta ormonale più efficace e “qualitativa” a livello periferico (recettoriale), il risultato riscontrato confrontando casi controllo con individui allenati in seguito a stesso esercizio acuto (stesso carico di lavoro) è una minor concentrazione di ormoni rilasciati ma una maggior efficacia degli stessi.
Al contrario però un’attività cronica eccessiva, specie se associata a ridotto apporto calorico e/o pratiche nutrizionali non corrette può indurre nel lungo periodo danni seri al sistema endocrino (ipogonadismo maschile e femminile o patologie da stress ad esempio) o condurre a situazioni neuro-endocrine particolari come l’overtraining che in ogni caso si tradurranno in un danno per la salute e la performance dell’atleta.
Tuttavia appare ancora molto difficile identificare la linea teorica che separa un allenamento teoricamente corretto (utile alla performance e non dannoso per la salute) da un allenamento utile alla performance ma dannoso alla salute o addirittura controproducente in entrambi i casi.
Fattori Della Risposta Ormonale
I fattori che possono influenzare la risposta del sistema endocrino all’esercizio fisico acuto e all’allenamento nell’atleta sono numerosi risulta pertanto difficile valutare, comparare e confrontare i diversi lavori riportati in letteratura, per ogni singola tipologia di atleta e sport vi saranno infatti fattori diversi che entreranno in gioco.
In questa seconda parte cercheremo di fare una panoramica più ampia possibile riguardante i fattori che influenzano la risposta ormonale all’esercizio fisico.
1. Fattori Genetici
Partiamo considerando i fattori genetici, il patrimonio genetico sembra influenzare in maniera selettiva le caratteristiche della risposta neuro-endocrina all’esercizio fisico e che l’esercizio fisico attraverso il sistema neuro-endocrino possa influenzare altrettanto selettivamente l’espressione genica.
2. Genere
Il secondo fattore è il genere, esistono infatti naturali differenze biologiche ed ormonali tra i generi, in particolare le fasi di maturità sessuale nei maschi sono contraddistinte ad esempio da elevati livelli di testosterone al contrario nelle donne avremo alti livelli di estrogeni e progesterone.
Queste differenze dovranno essere considerate poiché influiranno in maniera diversa le capacità di adattamento, le prestazioni e la risposta neuro endocrina generale all’esercizio fisico.
Un altro fattore condizionante è l’età, tuttavia gli studi in letteratura riportano dati per la maggior parte relativi ad atleti nel periodo di maturità atletica, sono invece pochi quelli relativi su giovani atleti, nelle fasi pre e post puberali o negli over 55-60 anni.
I ritmi biologici come sonno/veglia, luce/buio, il ritmo circadiano di cortisolo e testosterone o quello secretivo gonadico, la nutrizione, ad esempio considerando i pasti antecedenti e successivi l’allenamento (composizione % pro-glu-lip) può influenzare in maniera consistente la secrezione ormonale (GH, cortisolo, ecc…).
Ad esempio un ridotto introito calorico associato ad un eccessivo allenamento può costituire la base di alcune patologie endocrine degli atleti come la triade dell’atleta (ipogonadismo, anoressia, ecc.).
Farmaci e integratori possono influire in maniera piuttosto consistente la secrezione ormonale durante e dopo l’esercizio fisico, dunque l’adattamento biologico allo stesso e la performance.
Infine il tipo di esercizio fisico (sport) influenzerà in maniera diversa la risposta endocrina allo stress fisico e l’intensità dello stesso, in linea generale infatti per molti degli ormoni che aumentano dopo un esercizio fisico acuto vi è una correlazione con il raggiungimento di una soglia minima di intensità di esercizio e proporzionale all’intensità dell’esercizio stesso intesa come % VO2 max, quantità di acido lattico prodotto, massima FC raggiunta, numero di ripetizioni effettuate, ecc.
Come per l’intensità anche la durata dell’esercizio fisico influenzerà in maniera diversa la risposta ormonale.
Ormoni Coinvolti
Valutiamo infine in questa ultima parte i principali ormoni coinvolti durante l’esercizio fisico acuto e cronico.
Naturalmente è bene precisare che per questioni tecniche, in un semplice articolo come questo risulta difficile sviluppare un piano dettagliato di tipo descrittivo di tutte le possibili risposte ormonali all’esercizio fisico considerando i diversi sport e i differenti coinvolgimenti del sistema endocrino legati a tutte le variabili descritte in precedenza.
Descriveremo pertanto a scopo esemplificativo i principali assi endocrini coinvolti senza trattare i casi specifici.
1. Catecolamine
Partiamo dalle catecolamine (adrenalina e noradrenalina) ovvero gli ormoni che aumentano più rapidamente sia in circolo che nei tessuti in risposta ad un esercizio fisico acuto, raggiungendo un picco di concentrazione nel sangue per poi tornare a livelli normali nell’arco di alcune decine di minuti.
La secrezione di questi ormoni prodotti sia dal sistema nervoso autonomo che dalle ghiandole surrenali è funzione dell’intensità dell’esercizio fisico stesso e della quantità di acido lattico prodotto. In generale gli esercizi di tipo anaerobico sono associati a una maggiore quantità di catecolamine in circolo rispetto a quelli di tipo anaerobico.
I livelli basali di catecolamine sembrano non essere influenzati dall’allenamento (esercizio cronico) a eccezioni delle condizioni di overtraining in cui è stata evidenziata una riduzione dei livelli di catecolamine urinarie.
Possiamo infine affermare che l’allenamento può modificare generalmente in meglio la responsività individuale ad uno stess per cui la secrezione individuale di catecolamine dopo uno stesso esercizio fisico acuto può risultare ridotta dopo un periodo di allenamento (adattamento).
2. Cortisolo
Passiamo poi all’asse CRH-ACTH-cortisolo sempre attivo in caso di stress (ipotalamo-ipofisi-surrene). Il rilascio di CRH (corticotropin releasing hormone) e ADH (antidiuretic hormone) sembra aumentare rapidamente in seguito ad esercizio fisico acuto di intensità e durata sufficienti. Il CRH stimola la secrezione dell’ACTH ipofisario e di peptidi oppioidi come le beta-endorfine.
L’ACTH a sua volta agirà sulle surrenali inducendo la produzione e secrezione di cortisolo ed ormoni steroidei come DHEA, DHEAS e aldosterone.
Sono diversi gli studi che hanno dimostrato che entrambi, esercizi di potenza quanto aerobici di durata almeno pari a 20 minuti e intensità almeno al 60% VO2max possono stimolare la produzione di cortisolo e l’incremento della sua concentrazione nel sangue.
Allo stesso modo diminuendo l’intensità ma aumentando consistentemente la durata dell’esercizio fisico gli effetti saranno gli stessi o elevata intensità e brevissima durata (100% VO2max per 1 minuto). Diversi studi hanno poi analizzato la risposta del cortisolo plasmati all’esercizio fisico acuto in relazione al ritmo circadiano, dobbiamo in primis precisare come il rilascio di cortisolo segua un ritmo pulsatile circadiano, ovvero un picco massimo nelle prima ore del mattino e picco minimo la sera.
In termini quantitativi studi comparativi hanno dimostrato che eseguendo lo stesso esercizio fisico acuto in diversi momenti della giornata i livelli totali giornalieri di cortisolo non variavano ma al contrario le differenze si riscontravano nei picchi massimi di raggiungimento, in particolare allenarsi in mattinata produceva picchi molto più ampi al termine dell’esercizio rispetto all’allenamento in serata.
Per quanto riguarda invece l’allenamento (esercizio cronico) sulla secrezione basale di cortisolo possiamo affermare che la secrezione circadiana viene minimamente alterata da allenamenti endurance condotti con adeguato adattamento, ovvero, in assenza di overtraining. Al contrario allenamenti di potenza molto intensi e di breve durata possono indurre un incremento sia di ACTH sia di cortisolo plasmatico.
3. GH/IGF-1
Un altro “sistema” fortemente condizionato sia da esercizio fisico acuto che da pratiche di allenamento è l’asse GHRH-GH-IGFs.
Esercizi acuti, continuativi o intermittenti inducono aumenti di GH nel sangue entro al massimo circa 15-20 minuti dall’inizio dell’esercizio.
L’incremento del GH sembra maggiore con esercizi intermittenti e correlato in modo particolare all’intensità dello stesso. Secondo alcuni autori la soglia minima di intensità di esercizio per stimolare la secrezione di GH si aggira attorno al 50% VO2 max con un massimale al 70% e un’assenza di ulteriori modificazioni oltre il 90% (plateau).
Le atlete sembrano avere risposte maggiori sia in termini quantitativi che qualitativi (ampiezza dei pulsi) con differenze legate alle fasi del ciclo mestruale (doppia in fase follicolare avanzata) per via dell’azione stimolante degli estrogeni.
4. Composizione corporea
La composizione corporea dell’atleta sembra essere un fattore condizionante, ad esempio elevati livelli di massa grassa sembrano associati a minor risposte secretive ad esercizio fisico acuto.
5. Età
Un altro fattore influenzante è senz’altro l’età, in particolare a partire dai 40 anni la risposta secretiva inizia a diminuire in maniera consistente.
Per quanto riguarda allenamento cronico gli studi in letteratura sono in parte controversi, suggerendo come la risposta sia maggiore quando questo venga effettuato al di sopra della soglia di produzione di acido lattico ma come allo stesso modo questo possa influenzare in maniera negativa la risposta ad esercizio fisico acuto.
6. Asse ipotalamo-ipofisi-gonadi
Trattiamo infine l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi partendo col dire che gli ormoni dell’asse riproduttivo risultano coinvolti a vario livello negli atleti e come i livelli basali di ormoni gonadici (testosterone nel maschio ed estrogeni nella femmina) possono condizionare ed essere condizionati in maniera differente dalle caratteristiche strutturali, funzionali e metaboliche dell’atleta con grande variabilità legata al soggetto.
Durante la vita degli atleti ad esempio gli ormoni sessuali endogeni possono subire variazioni fisiologiche (stato maturazione puberale, menopausa, età…) o correlate all’intensità dell’allenamento (ipogonadismi da stress fisico) o utilizzo di sostanze proibite.
In generale, facendo riferimento a quanto riportato in letteratura possiamo affermare che nell’atleta con normali livelli basali di ormoni sessuali un esercizio fisico acuto può essere associato sia sa un incremento che a una riduzione oppure ad una "non variazione" della concentrazione di ormoni sessuali in circolo, questo, in funzione delle caratteristiche dell’esercizio praticato e dello stato dell’atleta.
Ad esempio il testosterone plasmatico può aumentare dopo un breve esercizio sub-massimale o di alta intensità mentre può essere ridotto dopo un esercizio prolungato.
Ad esempio l’attività fisica cronicamente svolta soprattutto nei casi in cui viene portata all’estremo (ultra endurance) può condurre ad una sorta di adattamento biologico di tipo protettivo per la specie, ovvero soppressione dell’attività gonadica secretiva (ipogonadismo dell’atleta).
La riduzione di produzione di ormoni sessuali sarà in questi casi il risultato dell’inibizione dell’LHRH ipotalamico e successiva inibizione della produzione e rilascio ipofisario delle gonadotropine LH e FSH.
L’azione negativa dello stress fisico in questo senso risulta amplificata nei casi in cui l’introito energetico non sia sufficiente per sostenere tale attività con interazione di altri ormoni come cortisolo, catecolamine e beta endorfine ad esempio.
Se nell’atleta femmina il raggiungimento di un ipogonadismo vero e proprio soprattutto in sport in cui la composizione corporea è un fattore primario (danza, corsa, ciclismo, ginnastica…) è piuttosto rilevante negli atleti maschi è meno frequente e studi in letteratura riportano alterazioni delle caratteristiche del liquido seminale soltanto in pochissimi lavori scientifici ed effettuati in sport ultra endurance.
Conclusioni
In conclusione, l’obbiettivo di questo articolo era quello di descrivere in maniera generale quanti e quanto complessi siano i fattori in gioco nell’attività fisica e nell’allenamento di una atleta e come il tutto sia il frutto di un equilibrio delicato tra tutte le variabili che ne contraddistinguono la vita stessa.
Considerando pertanto gli innumerevoli aspetti e variabilità del sistema endocrino in risposta all’esercizio fisico acuto e cronico possiamo affermare che per ottimizzare la performance sarà necessario programmare in maniera opportuna allenamento, recupero, alimentazione e valutare tutti i fattori stressanti che circondano la quotidianità dell’individuo.
In particolare per gli atleti di elite, sarà fondamentale essere assistiti da personale competente in grado di valutare attentamente individuo per individuo e in funzione di tutte le variabili descritte le interazioni più opportune per raggiungere quell’equilibrio in grado di trasformare in modo efficace i sacrifici dello stesso in incrementi della performance e ottimizzando allo stesso tempo la qualità psico-fisica della vita dell’atleta.
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