DISCONNETTERSI DAL MONDO
Il lavoro, la scuola, gli esami, le rate da pagare, il mondo dei social. La vita del Nuovo Millennio è sempre più stressante e frenetica, di giorno in giorno, di anno in anno. Forse la soluzione l’ideale sarebbe staccare la spina con un viaggio di sola andata per le Isole Fiji, ma ahimé, non è proprio una meta alle tasche di tutti. Talvolta, basterebbe dedicare del tempo a sé stessi, magari con del sano sport.
RUNNER’S HIGH
Eh già, lo sballo del corridore. Studi risalenti al 2008 hanno dimostrato che l’attività sportiva stimola nell’atleta numerosi meccanismi che possono agire positivamente sulla sfera cognitiva, sull’umore, sullo stress e sulla prestazione -oltre che fisica- mentale.
In particolare, l’esercizio aerobico, specialmente quello le cui sessioni si sviluppano in tempi medio-lunghi, stimola il rilascio di endorfine da parte del Sistema Nervoso Centrale. Le endorfine, assieme alle dinorfine e alle encefaline, costituiscono un’importante famiglia di composti racchiusi sotto il nome di oppioidi endogeni. Come si può già intuire dal nome, questi hanno la capacità di legarsi a specifici recettori (i recettori oppioidi) siti in aree strategiche del cervello (tra cui le aree limbiche), a cui si legano anche le morfine e l’eroina.
Queste aree sono deputate ad alcune tra le funzioni più elevate dell’encefalo: solo per citarne alcune, si ricordano tra queste il modo di vivere le relazioni interpersonali, la gratificazione (di qualsiasi tipo, da alimentare a sessuale), le emozioni e la soppressione del dolore. In diversi contesti, tra cui l’esercizio di lunga durata (circa un paio d’ore, ad una frequenza “bruciagrassi”), l’ipofisi anteriore secerne massive quantità di questi oppioidi, ?-endorfine in particolare, che stimolano le vicine aree limbiche dando una certa sensazione di felicità. La quantità di rilascio è tipicamente individuale (in atleti occasionali si verificherà più precocemente) ma di solito sono richiesti almeno 30 minuti continuativi di esercizio aerobico, meglio se corsa o ciclismo.
Questo spiegherebbe una certa forma di dipendenza da parte degli atleti a ripetere spesso le sessioni di allenamento, anche se estenuanti.
SPORT E ANSIOLISI
Secondo quanto riportano Morgan e colleghi (1985), l’attività sportiva sarebbe potente adiuvante della self-esteem e del benessere generale. Diversi studi concordano che il post-allenamento sia caratterizzato da una finestra temporale in cui ci si sentirebbe come “sollevati” dai pensieri quotidiani.
Ma non finisce qui: questo ventaglio di tempo, che si attesta tra le 2 e le 5 ore dopo l’allenamento (anche in congruenza con il rilascio di endorfine) può dilatarsi ad un benefico evento cronico costante nel tempo.
Un’attività fisica regolare infatti, oltre ai noti benefìci muscolari, cardiaci e respiratori, collabora alla revisione del metabolismo delle monoamine, classe di molecole che racchiude la serotonina (“l’ormone della felicità”) e la noradrenalina.
In molti disagi psichiatrici, quali ansia e depressione, disturbi anti-sociali, ADHD […] si può intervenire farmacologicamente attraverso inibitori delle MonoAmino-Ossidasi (I-MAO), che diminuiscono il catabolismo delle monoamine.
L’esercizio protratto nel tempo e svolto con una certa cadenza (si sono visti giovamenti già in soli 2 mesi, con allenamenti di 30 minuti svolti 5 volte a settimana) sembrerebbe correlato con la down-regulation degli enzimi catabolizzanti le monoamine, con conseguente diminuzione del reuptake.
Ciò che ne risulta sono livelli molto più alti di serotonina e noradrenalina, con esibizione di una buona attività ansiolitica nonché di miglioramento dell’umore.
L’esercizio rende più efficaci anche i neuroni ippocampali: l’aumento di noradrenalina nel post-training sarebbe in grado di stimolare notevolmente l’attività di questa importante regione di corteccia cerebrale, responsabile della memoria e dell’apprendimento.
SPORT AND COGNITIVE-ENHANCEMENT
Ok, ok… lo sport migliora l’umore, dà dipendenza, ci aiuta a staccare la spina… altro? Precisamente.
Uno studio di Trudeau & Shephard (2008) svolto in alcune scuole negli Stati Uniti d’America cercò, con successo, di trovare un link tra attività fisica e performance cognitiva. Il miglior modo per verificare i rapporti causa-effetto fu proprio valutare l’andamento scolastico di alcuni bambini in presenza e in assenza di attività fisica, almeno settimanale.
Si profanarono i sacri moduli di Educazione Fisica a vantaggio di alcune materie più “d’accademia”. I risultati furono sconcertanti: la curva della media dei voti per classe mostrava un netto declino verso il basso già a poche settimane dall’interruzione. Ma se ciò non bastasse, la stessa reintroduzione -fortunatamente- dell’aurea ora di ginnastica palesò invece un ritorno in carreggiata dell’andamento dei piccoli studenti, che rividero i propri voti tornare a brillare.
L’esercizio fisico è maestro d’orchestra di numerosi processi centrali: non solo quoziente intellettivo e memoria ne traggono beneficio, ma anche memoria spaziale, procedurale e coordinazione si fanno protagonisti nella storia del cognitive-enhancement.
Lo sport è un ottimo modo per prendersi cura di sé, in toto. Introdursi al mondo dell’attività fisica segna l’esordio di numerosi benefìci per il proprio organismo, che siano essi mentali, cardiovascolari, immunitari o cognitivi. L’esercizio è un’ottima via per fuggire la routine quotidiana: se non si fosse capito, essere atleti significa essere in salute. E lo aveva capito diversi secoli fa un certo Giovenale: “Mens sana, in corpore sano”.
Boecker H, Sprenger T, Spilker ME, Henriksen G, Koppenhoefer M, Wagner KJ, Valet M, Berthele A, Tolle TR.- The runner’s high: opioidergic mechanisms in the human brain.
Morgan WP.- Affective beneficence of vigorous physical activity.
David Moreau & Andrew R.A. Conway (2013). – Cognitive enhancement: a comparative review of computerized and athletic training programs, International Review of Sport and Exercise Psychology, 6:1, 155-183.