Dallo scrittore Myprotein Leonardo Cesanelli, Dottore in scienze e tecnologie alimentari, Laureando in Biological Sciences e istruttore certificato CSEN.
Il Lattosio
Il latte risulta essere un componente fondamentale della dieta e il suo valore nutrizionale è ben comprovato da millenni di costante impiego nell’alimentazione umana. Può essere considerato l’unico alimento creato solo per nutrire e per dare continuità alla specie dei mammiferi, essendo l’unico nutriente per i primi mesi di vita del neonato.
Sotto il profilo chimico il lattosio risulta essere un disaccaride costituito da beta-D-galattosio e D-glucosio uniti con legame beta1-4 glicosidico. Nel latte esso è presente in soluzione e costituisce il 98% degli zuccheri presenti nello stesso, con proporzioni minori nei diversi derivati (faremo in seguito una panoramica sul contenuto di lattosio), nel latte vaccino rappresenta il 4-5% dello stesso.
Oltre a possedere una funzione energetica, rappresenta la fonte primaria di galattosio, uno dei costituenti principali degli sfingolipidi, interviene nella sintesi degli acidi nucleici e nella formazione dei cerebrosidi essenziali per il funzionamento e sviluppo del cervello, infine è coinvolto nella sintesi delle glicoproteine del sangue.
Rappresenta inoltre uno dei substrati prediletti per molti microrganismi, in grado di scinderlo e metabolizzarlo fino alla produzione di acido lattico o altri acidi alifatici, mentre nell’organismo animale l’idrolisi del lattosio e l’utilizzo del galattosio dipendono dalla presenza e/o disponibilità enzimatica di: beta-1,4 galattosidasi (lattasi intestinale) e galattosio-1-fosfato uridiltransferasi (galattasi epatica).
Metabolismo Del Lattosio
Passiamo al metabolismo dello stesso. Come detto affinché il nostro organismo possa utilizzare questo disaccaride come fonte energetica è necessaria la previa scissione nei monosaccaridi costituenti, questo avviene sulla superficie esterna delle cellule epiteliali che formano il rivestimento dell’intestino tenue.
Qui difatti la lattasi idrolizzerà il lattosio in glucosio e galattosio, trasportate all’interno delle cellule che rivestono l’intestino per poi passare nel flusso ematico raggiungendo l’organo epatico. Nel fegato subiranno un processo di fosforilazione per poi prendere la via glicolitica (utilizzo a scopo energetico).
Il galattosio rispetto al glucosio dovrà prima subire una tappa di “conversione” in glucosio. Focalizziamo il nostro interesse sulla lattasi, appartenente alla famiglia di enzimi idrolitici (beta-galattosidasi) che in presenza di acqua catalizzano la scissione di beta-galattosidi nei monomeri costituenti.
Le condizioni ottimali di attività enzimatica risultano essere 48°C e pH vicini alla neutralità (6,5). Come detto questo enzima è particolarmente attivo ed espresso alla nascita, viene espresso nell’uomo già alla 23° settimana di gestazione fino a raggiungere la concentrazione massima al termine della gravidanza.
Oltre il sesto mese di vita diminuirà fino a ridursi, nell’adulto, ad un decimo del suo valore alla nascita.
Viene codificato dal gene LCT che codifica per la proteina florizina in grado di catalizzare l’idrolisi del lattosio ma non solo.
E’ stato stimato come circa il 30% della popolazione adulta mantenga l’attività enzimatica lattasica in maniera pienamente efficiente per tutta la durata della vita (soprattutto nelle popolazioni Nord-Europee), studi sul DNA di reperti archeologici hanno suggerito come questa persistenza genetica possa essere dovuta al consumo sempre più frequente e abbondante nella dieta di queste popolazioni di latte e latticini, che in particolare in periodi di carestia andavano a costituire praticamente l’unico alimento disponibile.
Per l’utilizzazione del lattosio è comunque sufficiente la presenza di circa il 50% dell’attività della lattasi.
Lattosio Negli Alimenti
Prima di passare ad analizzare l’intolleranza al lattosio e i processi che vengono attuati per la produzione di alimenti privi dello stesso, faremo una panoramica sul contenuto di lattosio degli alimenti, partendo dal latte fino ai prodotti che lo “nascondono”.
Partiamo dai latticini, il cui quantitativo di lattosio dipende sostanzialmente dai processi di produzione e stagionatura. Il latte che sostanzialmente non è lavorato (i trattamenti termici spinti possono causare la denaturazione chimica del lattosio in lattulosio ma in misura contenuta) sarà l’alimento che ne conterrà in maggior quantità (4-5g per 100ml di latte vaccino) il latte di capra ne contiene leggermente meno.
Passando ai latticini, quelli freschi avranno il contenuto maggiore anche se prodotti come lo yogurt vedranno ridursi il contenuto per via dei processi fermentativi (3,5-4g per 100 g) seguiti dal cottage chesee (fiocchi di latte), dalla panna, dal gelato e cioccolato al latte, così come la ricotta (3-6g/100g).
Formaggi più stagionati come il parmigiano, il grana, il gorgonzola, ecc… ne contengono invece in tracce per via dei processi produttivi e di stagionatura mentre la mozzarella o altri formaggi a prevalenza caseinica ne conterranno in maniera minima per via dell’eliminazione del siero in cui lo stesso risulta disciolto (“Composizione degli Alimenti” (2000) – INRAN, Roma).
Che cosa si intende per lattosio nascosto? Alcuni alimenti annoverano tra gli ingredienti: latte, latte in polvere, latte scremato in polvere, siero di latte, siero di latte in polvere e scotta.
Questi ingredienti sono impiegati in miscele di spezie, dolci (pasticcini, biscotti, cioccolato), in panificazione, piatti pronti, insaccati e bevande e naturalmente devono essere indicati nelle etichette.
Intolleranza Al Lattosio
Dopo aver affrontato questa breve panoramica sugli alimenti passiamo all’intolleranza al lattosio. Si definisce “intolleranza al lattosio” l’insieme dei sintomi che possono presentarsi per l'incapacità di digerire il lattosio, il principale zucchero contenuto nel latte.
Questo, sostanzialmente, per via di una mancata e/o ridotta produzione dell’enzima lattasi che di conseguenza impedirà la scissione del lattosio nei due componenti zuccherini non potendo dunque essere assimilati dall’intestino e passare nel sangue (abbiamo già spiegato a grandi linee assorbimento e metabolismo).
Può essere congenita o svilupparsi nel corso della vita e va ben distinta dall’allergia alle proteine del latte vaccino.
Più del 70% della popolazione mondiale manifesta una non-persistenza della lattasi, ma non tutti i soggetti manifestano caratteri clinici, le caratteristiche etniche sembrano essere di primaria importanza, basti notare come le popolazioni con maggior frequenza di deficit risultino essere quelle con minor consumo di latte.
Possiamo pertanto distinguere quattro forme di intolleranza al lattosio.
1) Carenza congenita di lattasi (origine genetica), causata da un difetto genetico, piuttosto raro, e di manifesta già dopo la nascita non appena il neonato viene allattato con sintomi quali diarree acquose e perdura per tutta la vita.
2) Dovuta allo sviluppo, si riscontra nei nati prematuri (28° e 32° settimana di gestazione), in cui la lattasi viene prodotta soltanto nelle ultime due settimane di gestazione determinandone l’incapacità di digerire il latte materno ma senza predisporre ad intolleranza in età adulta (può normalizzarsi).
3) Intolleranza primaria, carenza acquisita nel corso della vita e forma più frequente, contraddistinta da una progressiva diminuzione dell’attività lattasica a partire dall’infanzia o prima età adulta. Non è considerata una malattia bensì un adeguamento al cambiamento delle abitudini alimentari nel corso dello sviluppo.
4) Intolleranza secondaria o transitoria, si sviluppa solitamente in relazione ad una malattia del sistema digestivo quali morbo di Crohn, celiachia, infezioni intestinali acute. Queste malattie infiammano e danneggiano la mucosa dell’intestino tenue determinando una diminuzione della produzione e attività della lattasi.
Alimentazione
Come modulare l’alimentazione in questi casi? Se l’intolleranza al lattosio viene confermata, sarà necessario eliminare totalmente i prodotti contenenti lo stesso soltanto nel caso di forte carenza della lattasi come nell’intolleranza congenita o nell’intolleranza secondaria (in questo caso per un periodo momentaneo).
Negli altri casi (la maggior parte) in cui l’attività sarà soltanto ridotta si dovranno soltanto appore modifiche alla normale alimentazione riducendo gli apporti di lattosio a 8-10g al giorno, ricordando che in media anche individui intolleranti al lattosio presentano una tollerabilità di circa 12g/d (250 ml di latte) aumentata nel caso in cui esso venga consumato in pasti completi con altri alimenti, in particolare ricchi di grassi e proteine.
Viene suggerita in tal caso una terapia di modifica su tre fasi:
1) fase di privazione, viene eliminato quasi del tutto il lattosio per circa due settimane per ridurre al minimo i sintomi (eliminando anche alimenti che contengono lattosio “nascosto”);
2) fase di prova, in cui verrà gradualmente reintrodotta una quota giornaliera di lattosio per testare la tolleranza individuale (sarà importante monitorare le quantità precise assunte e i relativi sintomi);
3) passaggio ad un’alimentazione duratura, in questa fase una volta determinato il quantitativo tollerato e come modularne l’apporto verranno reintrodotti nel contesto della dieta del soggetto gli alimenti selezionati contenenti lattosio.
Un crescente numero di prodotti alternativi sono disponibili nel mercato mondiale per soddisfare le esigenze delle persone che riscontrano problemi a digerire il latte vaccino, tra i quali, un'alternativa del latte vaccino stesso, è il latte delattosato, ovvero un latte sottoposto a un processo tecnologico che riduce la quantità di lattosio in esso presente, rendendolo adatto al consumo per gli individui intolleranti al lattosio.
La tradizionale tecnologia di produzione prevede l'aggiunta nel latte dell'enzima ?–galattosidasi per idrolizzare il lattosio in glucosio e galattosio, isolato da piante, animali, lieviti, batteri e funghi.
Le ?-galattosidasi solubili sono monouso, vengono introdotte nel latte prima o dopo il trattamento termico, e per il loro utilizzo devono essere presi in considerazione diversi fattori, come il pH, la temperatura massima, il tempo di contatto, l'attività enzimatica e i costi.
Processi alternativi risultano essere l’idrolisi acida (pH 1,2) o con ?-galattosidasi immobilizzato, meno percorribili risulta essere l’utilizzo di lattobacilli o metodi di separazione cromatografica o filtrazione a membrana per via delle tempistiche e i costi di impiego.
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Marion Wäfler Gassmann, dietista diplomata SSS, segretariato SSN © 2013 Società Svizzera di Nutrizione SSN
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