Dallo scrittore Myprotein Ludovico Lemme, personal trainer certificato ISSA e studente presso la SaNIS (Scuola di Nutrizione e Integrazione Sportiva).
Carboidrati A Basso Indice Glicemico e ad Alto
Pasta integrale, riso integrale, Quinoa, Avena, Frutta, Verdura, fibre...Tutte parole ridondanti all’interno di un programma alimentare o consigli che si leggono in giro. Perchè?
Perchè a questi alimenti viene associato il concetto di salutare e soprattutto perchè hanno visto crescere in maniera esponenziale il loro consumo ed utilizzo negli ultimi anni? Semplice, per via dell’Indice Glicemico. Capiremo in questo articolo di cosa si tratta e perchè è importante ma, soprattutto, cercheremo di capire se e quando dar peso a questo parametro che, nello sportivo, risulta decisamente sopravvalutato.
Step #1 - Indice Glicemico
Primo passo è dunque capire cosa si intende per Indice Glicemico. Si tratta di un concetto propagandato nel 1981 (Jenkins et al. [1]) come sistema numerico per il controllo degli alimenti contenenti carbpoidrati, per una loro, possiamo dire, gerarchizzazione. Nello specifico il concetto, si credeva, poteva prestarsi molto bene per il controllo della glicemia e, dunque, in soggetti diabetici. In sostanza l’Indice Glicemico è un valore numerico che indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un quantitativo di un alimento tale per cui il suo contenuto di carboidrati sia pari a 50gr.
Andiamo per gradi. Quando mangiamo carboidrati questi vanno a riversarsi nel torrente ematico (i.e. sangue) adando ad aumentare la glicemia (contenuto di glucosio nel sangue). Questo processo varia in base alla tipologia di alimenti. Alcuni daranno un forte picco (spike) glicemico ed altri comporteranno un rilascio più graduale nel tempo. Quali sono i vantaggi di questa seconda tipologia di alimenti?
1. Un rilascio più prolungato permetterà al glucosio di essere immagazzinato nelle scorte senza saturarle. Difatti con un forte picco il quantitativo di glucosio ematico sarà troppo alto per le nostre scorte (salvo determinati contesti che vedremo), dunque il corpo non potrà che stoccarli in adipe (ma questo è parzialmente vero, ci ritorneremo).
2. Continui picchi ematici di glucosio portano ad una desensibilizzazione del nostro corpo e, di conseguenza, a fenomeni di insulino resistenza e affini [3].
3. Con un forte picco glicemico il corpo risponderà con una ancor più forte risposta insulinica. Questo porterà a far scendere sensibilmente i livelli di glicemia finchè non torneranno alla normalità. Fin qui tutto a posto, se non fosse che, per segnalare che la glicemia è tornata a valori ottimali, il corpo impiega del tempo, durante il quale l’insulina viene comunque rilasciata. Questo porterà la glicemia a scendere (c.d. ipoglicemia reattiva) il che causerà diverse problematiche (nausea, giramenti di testa, forte senso di fame etc..) tra cui un circolo vizioso in quanto, in contesti simili, cercheremo ulteriormente zuccheri.
Capiamo bene che, alimenti con indici glicemici più bassi, risultano vantaggiosi sotto diversi punti di vista.
Il fatto però è che l’Indice Glicemico analizza l’impatto di un alimento a parità di carboidrati. Facciamo come esempio un caso di scuola: la carota ha un Indice Glicemico medio alto, tuttavia un basso contenuto di carboidrati, di conseguenza la glicemia andrà comunque ad alzarsi poco (salvo mangiare a kg) rispetto anche ad un modesto piatto di pasta integrale. Per questa ragione ci si è spostati sul concetto di Carico Glicemico.
Step #2 - Carico Glicemico
Il Carico Glicemico è un concetto più completo in quanto non misura soltanto l’Indice Glicemico ma anche il quantitativo di carboidrati di un alimento. Esso è ottenuto dalla formula:
CG = IG x grCARBS /100Dove CG e IG sono rispettivamente il Carico e l’Indice Glicemico e grCARBS sono i grammi di Carboidrati dell’alimento. Come utilizare questo valore? Semplice, si calcola il CG di ciascun alimento del pasto e poi quello totale del pasto. Possiamo considerare alto un CG superiore a 20 [2] ma, si badi, questo non vuol dire che esso deve essere sempre inferiore a questa soglia, anzi...
Il problema è che, il concetto di carico glicemico si basa sull’assunto che esso sia proporzionale al quantitativo di Insulina prodotto. Questo non è esattamente vero, difatti si è visto che anche altri alimenti (e macronutrienti) portano a picchi insulinici [4].
Per esempio determinati amminoacidi sono considerati insulinogenici, così come anche i lipidi [5] [6]. Il discorso è complesso, in quanto, gli amminoacidi da soli vanno si ad aumentare l’insulina però, in assenza di glucidi, e dunque con una bassa glicemia, verrà segregato anche glucagone per stimolare il rilascio di glicogeno epatico e mantenere stabili i livelli glicemici. Accenno a questo discorso esclusivamente per completezza ma, in questa sede, non è necessario ve lo appuntiate.
Passiamo pertanto al terzo step.
Step #3 – Carico Insulinico
Il Carico Insulinico è un concetto che va ad indicare il quantitativo di Insulina che va ad esser segregato in seguito ad un pasto (volendo calcolarlo sulla base del pasto). Questo parametro effettivamente ci fornisce un valido spunto da utilizzare per calcolare, con più precisione, l’andamento della curva glicemica del pasto. Vedremo a breve come utilizzare tutte queste informazioni, ci teniamo però a fare una precisazione.
Tutti questi parametri evidenziati sono logicamente limitati. Noi possiamo, per esempio, vedere che un alimento ha un basso Carico Glicemico, dunque che una sua assunzione non porta ad un rapido picco della glicemia. Questo però può esser dovuto ad un lento rilascio del glucosio nel sangue o, in alternativa, ad un alto rilascio di Insulina che porta a far entrare il glucosio subito all’interno della cellula.
In altre parole un alimento con un alto Carico Insulinico potrebbe essere identificato come alimento a basso Carico Glicemico in maniera impropria. Capiamo bene dunque che questi parametri vanno utilizzati e presi con le molle.
Is a Carb a Carb?
Rispondiamo dunque alla domanda-chiave. Is a Carb a Carb? Vale a dire, i carboidrati vanno effettivamente utilizzati in maniera uguale indipendentemente da questi parametri? La risposta è si, ma solo se siete atleti. Per un atleta difatti il contesto metabolico e fisiologico è ben impostato. I nutrienti subiscono un efficace partizionamento, ovverosia vengono indirizzati per lo più al miocita (muscolo) piuttosto che all’adipocita (grasso).
Questo è il motivo per cui l’atleta può permettersi dei lussi in più, degli sgarri senza ingrassare o gonfiarsi eccessivamente. Se dunque abbiamo un forte picco glicemico poco ci importa, in un soggetto che fa attività sportiva la sensibilità insulinica è verosimilmente ottimale, peraltro i glucidi verranno indirizzati al muscolo, tanto di guadagnato.
La DNL avviene veramente?
Altro Punto da analizzare riguarda la DNL, ovverosia la de novo lipogenesi. Con questo termine facciamo riferimento al processo per cui i carboidrati vengono trasformati in grassi e immagazzinati negli adipociti. Ecco, questo processo è in verità piuttosto inefficiente. Il corpo lo utilizza di rado e, per lo più, i carboidrati in eccesso vengono bruciati e convertiti in calore. Ma allora perchè ingrassiamo? Perchè con l’assunzione di carboidrati il metabolismo sarà glucidico (consumiamo glucidi come substrato energetico), pertanto i lipidi introdotti verranno direttamente stoccati in grassi (è il sugo che fa ingrassare, non la pasta!).
Ulteriore spunto è il fatto che la DNL, dopo l’attività fisica, è inibita. Questo vuol dire che, in simili contesti, siamo particolarmente sicuri che non avverrà. Per questo motivo è particolarmente indicato consumare gran parte dei carboidrati giornalieri in seguito all’attività fisica.
Conclusioni
In conclusione eccovi delle dritte per utilizzare al meglio i parametri analizzati:
#1Assumere gran parte dei carboidrati a ridosso dell’allenamento (prima, durante e principalmente dopo), essendo alto il quantitativo conviene utilizzare alimenti poco fibrosi e facili da digerire, verosimilmente (ma non necessariamente) ad alto IG. In questo contesto i GLUT-4 (recettori del glucosio) saranno particolarmente recettivi a livello muscolare per cui, anche in presenza di poca insulina, il glucosio verrà facilmente captato.
#2 Nell’atleta, laddove vi sia un impegno fisico protratto nella giornata, non sarà il caso di fossilizzarsi troppo sul carico glicemico e converrà, piuttosto, concntrarsi sui livelli giornalieri di carboidrati e sulla loro digeribilità soprattutto nel caso essi siano alti.
#3 Se si è sedentari o non ci si allena con frequenza, allora converrà optare per cibi con un basso indice glicemico in modo da mantenere stabili i livelli glicemici. Ulteriore consiglio è quello di includere della verdura nei pasti principali o comunque alimenti fibrosi che porteranno un beneficio generale in temrini di sensibilità insulinica.
Nulla di nuovo in realtà, i miti che dovevano essere stati sfatatati lo sono stati da tempo, tuttavia è bene ricordare certi concetti e, soprattutto, riassumerli in semplici linee guida.
1) Jenkins et al. Glycemic index of foods: a physiological basis for carbohydrate exchange. 1981, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 34, 362-366.
2) Foster-Powell et al. International table of glycemic index and glycemic load values: 2002. Am J Clin Nutr. 2002 Jul;76(1):5-56.
3) Salmerón et al. Dietary fiber, glycemic load, and risk of non-insulin-dependent diabetes mellitus in women. JAMA. 1997 Feb 12;277(6):472-7.
4) Bao Y. et al.Dietary insulin load, dietary insulin index, and risk of pancreatic cancer. Am J Clin Nutr. 2011 September; 94(3): 862–868.
5) Krezowski et al. The effect of protein ingestion on the metabolic response to oral glucose in normal individuals. Am J Clin Nutr. 1986 Dec;44(6):847-56.
6) Floyd et al. Stimulation of insulin secretion by amino acids. J Clin Invest. 1966 September; 45(9): 1487–1502.
7) Nimptsch et al. Dietary insulin index and insulin load in relation to biomarkers of glycemic control, plasma lipids, and inflammation markers. Am J Clin Nutr. 2011 Jul;94(1):182-90.
8) Glycemic Index and Disease Am J Clin Nutr, 2002, 76, p. 290S-298S.
9) An Insulin Index of Foods: The Insulin Demand Generated by 1000-kJ Portions of Common Foods the American Journal of Clinical Nutrition 1997, Vol. 66: pages 1264-1276 by Susanne HA Holt, Janette C. Brand Miller, and Peter Petocz
Destrosio Myprotein