Dallo scrittore Myprotein Leonardo Cesanelli, laureato in Scienze e Tecnologie Alimentari, laureando in Nutrition and Functional Food.
Metodi di Cottura
Cucinare gli alimenti è una pratica risalente alla notte dei tempi, come conseguenza della scoperta del fuoco. Lo sviluppo della tecnica della cottura molto probabilmente fu dovuta ai miglioramenti che la stessa apportasse in termini di digeribilità dei diversi prodotti provocando meno problemi intestinali (infettivi, digestivi eccetera) e, di conseguenza, garantendo una sopravvivenza più lunga.
Gli alimenti sottoposti ai vari trattamenti termici occupano oggi gran parte delle nostre scelte alimentari. I suggerimenti il tal senso sono quelli di consumare in rapporto più o meno equo – settimanalmente – cibo cotto e crudo, spesso però la quantità di quello cotto risulta essere molto maggiore.
Una scelta che ha conseguenze bifronti: da un lato, un impoverimento del cibo per la perdita di una buona quantità dei componenti termolabili, modificati o addirittura distrutti (vitamine in primis); dall’altro, non solo la protezione da batteri, microrganismi e tossine potenzialmente patogeni, ma anche una maggiore digeribilità di alcuni alimenti (ad esempio i legumi). Infine, molti cibi cotti risultano più gradevoli al consumo, non solo per il gusto, ma anche per i profumi che vengono sprigionati e che stimolano positivamente i meccanismi della digestione.
In questo articolo andremo dapprima a fare una breve panoramica sui metodi di cottura, considerando pregi e difetti, successivamente andremo a valutare prendendo qualche alimento target come esempio l’impatto che questi avranno sulla quantità e qualità proteica del prodotto finale.
Iniziamo col dire che qualsiasi sia il metodo di cottura, questa provocherà inevitabilmente dei cambiamenti rispetto al prodotto di partenza (processi di trasformazione delle strutture molecolari dei costituenti principali), cerchiamo di analizzare in sintesi questi cambiamenti.
1)La denaturazione delle proteine, che approfondiremo più tardi nel dettaglio, limitiamoci a dire sostanzialmente può essere considerata una modificazione positiva, in quanto migliora la digeribilità di quasi tutti gli alimenti. Un’eccezione è però ad esempio il tuorlo d’uovo. Come esempio possiamo citare l’uovo bollito: il migliore non è quello sodo, ma quello à la coque, in cui l’albume è rappreso e il tuorlo quasi liquido.
2)La disidratazione dei carboidrati porta alla formazione di una crosta superficiale, di colorazione brunastra, associata di solito a una maggiore gradevolezza (pane, prodotti da forno in genere). Da evitare assolutamente è, però, ogni minima carbonizzazione della superficie.
3)Le componenti grasse (lipidi), vengono innescate nell’ossidazione e idrolizzate: l’ossidazione successiva – pur lenta – genera sostanze potenzialmente dannose e limita i tempi di conservazione; l’idrolisi induce la formazione di acidi grassi liberi che migliorano la digeribilità dell’alimento, ma che accelerano i processi ossidativi, riducendo più rapidamente i tempi di conservazione del prodotto.
Una buona cottura dovrebbe permettere la formazione di un sottile strato protettivo superficiale (formazione della “crosta”), in grado di proteggere dall’eventuale essiccamento la parte interna, che potrà così raggiungere il livello di cottura migliore (digeribilità e gradevolezza) per quell’alimento (il roast-beef, per esempio,deve rimanere comunque poco cotto al centro).
È intuibile che quanto maggiore è la temperatura di cottura, minore è il tempo in cui il cuore del cibo raggiunge una desiderata cottura e allo stesso tempo più veloce sarà la formazione della crosta esterna.
- Cottura in umido
(in acqua o vapore come veicolo di trasferimento di calore). Partiamo col dire che la cottura al vapore è senz’altro meno efficiente di quella in acqua (bollitura) ma senz’altro preserverà una maggior quantità di nutrienti, soprattutto quelli idrosolubili che nel secondo caso andranno a riversarsi inevitabilmente nell’acqua di cottura (vitamine, minerali e zuccheri).
Nella cottura al vapore al contrario le perdite saranno senz’altro inferiori, un trucco per recuperare gli elementi dispersi in acqua di cottura durante la bollitura è il riutilizzo dei liquidi per brodi o salse ad esempio.
- Frittura
È una cottura rapida legata alle alte temperature di “bollitura” degli oli, nell’alimento questo “shock termico” (immersione in olio bollente) provoca la rapida formazione di quella crosta di cui abbiamo parlato in precedenza mantenendo al contempo la sofficità del prodotto all’interno.
I pregi della frittura sono senz’altro i bassi tempi a cui l’alimento viene sottoposto, sarà però importante evitare che gli stessi si “impregnino” eccessivamente di olio (max 8-20%) e che l’olio non raggiunga o superi il punto di fumo (formazione di composti dannosi per la salute).
Sarà inoltre importante la scelta dell’olio, da prediligere senz’altro olio di arachide ed eventualmente olio di oliva, da evitare invece gli oli di semi (compreso quello di girasole), di mais o di soia contraddistinti da punti di fumo relativamente bassi.
- Cottura al forno
Utilizza calore secco e risulta essere meno efficiente della bollitura ma presenta diversi vantaggi, la possibilità di contenere o omettere l’utilizzo di oli e grassi, la possibilità ad esempio per la cottura delle carni di cospargere l’alimento con sale grosso in grado di proteggere da eventuali carbonizzazioni lo stesso o l’utilizzo del “cartoccio”, utilizzando cotture ad alte temperature ma preservando al contempo i nutrienti del prodotto in questione.
- Cottura al microonde
Utilizzato principalmente per lo scongelamento rapido degli alimenti (in particolare le carni) oggi viene utilizzato nella pratica casalinga per la preparazione di vere e proprie ricette e piatti, come cottura vera e propria degli stessi.
Il risultato di una cottura al microonde può essere paragonato a quello ottenuto con la bollitura senza però quella perdita di nutrienti dovuta alla presenza dell’acqua di cottura, gli svantaggi sono per la maggior parte legati all’organoletticità del prodotto poiché difficilmente si andrà a formare la famosa crosticina superficiale.
Denaturazione Proteica
Analizziamo ora nel dettaglio il fenomeno della denaturazione proteica andando a prendere poi un alimento come target valutando gli effetti della cottura sulla componente proteica e, dunque, valore biologico e digeribilità finale del prodotto.
Il fenomeno della denaturazione proteica può essere definito come il cambiamento nella struttura “nativa” della proteina in esame determinante la perdita di funzionalità della stessa, ma non solo, passando da strutture terziare a secondarie o primarie o avvolgimenti “casuali”, vi è la possibilità che vengano a formarsi legami intramolecolari di neo formazione causando ad esempio la possibile aggregazione con altre molecole proteiche (esposizione di gruppi funzionali diversi).
Questo fenomeno può essere scaturito da diversi fattori, concentriamoci su quello dovuto agli effetti termici. La denaturazione a caldo avviene sostanzialmente attraverso la rottura dei legami idrogeno, dei ponti disolfuro e delle diverse interazione tra le catene proteiche, risulta essere un fenomeno sia reversibile (riscaldamento moderato) che irreversibile, nei cibi tale fenomeno si può riflettere in cambiamenti di colore e consistenza degli stessi.
Generalmente la maggior parte delle proteine contenute negli alimenti tende a denaturare alla temperatura di 50-60°coagulando e cambiando colore (pensiamo al riscaldamento del latte che produrrà il tipico odore di latte bollito dovuto alla liberazione di solfuro di idrogeno causato dalla rottura dei legami che stabilizzano la forma nativa delle proteine del latte), cotture più prolungate o a T° superiori possono determinare la parziale scissione in molecole più semplici.
Ora, sostanzialmente queste modifiche da un lato possono essere viste positivamente, pensiamo ad una struttura proteica complessa e ripiegata più volte che viene “sciolta” divenendo più facilmente attaccabile dagli enzimi proteolitici digestivi (maggior assorbimento), al contrario potrebbe però accadere che i riarrangiamenti successivi alla denaturazione causino fenomeni di aggregazione o modifiche che renderanno più difficile tale processo, inoltre cotture troppo prolungate o a temperature particolarmente elevate potranno influire sulla disponibilità di alcuni amminoacidi abbassando il valore biologico della proteina.
Prendiamo in esame due alimenti considerati fonti proteiche principali nella nostra alimentazione, il latte e le uova analizzando l’impatto dei trattamenti termici sulla quota proteica degli stessi.
Latte
Partiamo dal latte: il calore è in grado di provocare alterazioni chimiche sulle catene laterali degli amminoacidi.
Le principali modifiche consistono in: desulfidrazione dei residui di cisteina e cistina con liberazione di solfuro di idrogeno (odore di latte bollito), deamidazione e deamminazione della glutammina e della asparagina, decarbossilazione dei residui di acido glutammico ed aspartico, formazione di legami isopeptidici tra il gruppo amminico laterale della lisina e i gruppi ammidici della glutammina e dell’asparagina (che possono determinare una resistenza agli enzimi proteolitici e riduzione della lisina biodisponibile).
Un altro fenomeno che coinvolge la quota proteica nel latte è la reazione di Maillard (reazione che interessa alimenti contenenti proteine con NH2 terminali e zuccheri), una reazione che procede in 3 fasi (non ci addentreremo nei meccanismi chimici di tale reazione) in grado di produrre diverse modifiche al prodotto.
1) Effetto sui caratteri organolettici: i prodotti della seconda fase sono responsabili del flavour, mentre quelli della terza fase (melanoidine) del colore;
2) effetti antinutrizionali: ridotta disponibilità degli amminoacidi essenziali (lisina) e di vitamina C, ridotto assorbimento di alcuni oligoelementi, ridotta digeribilità delle proteine;
3) effetti antiossidanti: i prodotti della seconda e terza fase esplicano proprietà antiossidanti. Le proprietà antiossidanti delle melanoidine neoprodotte possono essere attribuite alla presenza di strutture polifenoliche.
Analizziamo ora la denaturazione vera e propria della quota proteica durante i trattamenti termici del latte, partendo col dire che nel latte le sieroproteine sono quelle più suscettibili a “perturbazioni” da parte del calore, mentre la caseina non subisce modificazioni visibili fino ai 100° C.
Le proteine suscettibili di denaturazione termica risultano essere principalmente la beta-lattoglobulina (?Lg) e l’alfa-lattoalbumina (?La). Il contenuto in sieroproteine rappresenta pertanto un indice significativo della valutazione dei trattamenti termici subiti dal latte insieme ad altri parametri chimici, tale denaturazione, viene descritta come un processo che avviene in due stadi, di cui il primo è la perdita di struttura secondaria e terziaria e la seconda è l’aggregazione.
Dunque quando sottoponiamo il latte o uno dei suoi derivati ad un trattamento termico (come la bollitura durante la colazione o la cottura di un formaggio per la preparazione di un qualsiasi piatto a base dello stesso) le modifiche ai danni della frazione proteica saranno: in primis (primi minuti dopo il raggiungimento di una temperatura compresa tra 80° - 130°) le sieroproteine inizieranno a denaturarsi successivamente (all’aumentare del tempo del trattamento termico) inizieranno invece ad interagire tra di loro e con le micelle caseiniche andando così a formare degli aggregati proteici solubili.
Il risultato di questi fenomeni sarà pertanto:
1) la possibilità di un decadimento delle proprietà nutrizionali dell’alimento causa diminuzione della biodisponibilità di alcuni aminoacidi;
2) aumento dei tempi e diminuzione dell’effettiva digeribilità del prodotto.
Uova
Passiamo ora ad un altro alimento: le uova. Per fortuna sono rimasti in pochi ad essere ancora convinti che un uovo crudo al mattino sia un buon ricostituente. E’ altresì vero il contrario: la cottura migliora decisamente il profilo nutritivo delle uova.
Le uova cotte sono più digeribili, inoltre, il calore riduce il potere allergizzante e inattiva una sostanza antinutrizionale presente nell’albume, l’avidina che tende a bloccare l’assorbimento di alcuni utili fattori vitaminici. Inoltre, sotto il profilo igienico, le uova sono uno degli alimenti più a rischio.
Dunque, le uova sono un alimento prezioso, ma soprattutto in estate vanno consumate ben cotte (rischio igienico). E se proprio si vuole gustare una salsa o una crema a base di uova crude, allora è meglio scegliere i prodotti di preparazione industriale, che offrono garanzie igieniche decisamente superiori.
Andiamo a capire però quali possono essere i metodi di cottura migliori per sfruttare al meglio le componenti nutrizionali contenute nelle uova e valutando come di conseguenza possano cambiare i tempi di digestione delle stesse.
Analizziamo in generale le possibili modifiche nella composizione delle uova durante trattamenti termici, in letteratura vengono riportate principalmente danni a carico di tiamina e riboflavina che possono subire riduzioni fino al 20% rispetto al contenuto iniziale, mentre molto importante sempre riguardo le vitamine sarà la conservazione delle uova, sempre dati in letteratura riportano come temperature di conservazione superiori ai 15°C risultano in perdite di vitamine come vitamina A, niacina, riboflavina e tiamina, le temperature ottimali di conservazione risultano essere uguali o inferiori ai 10°C.
Passiamo ora alla componente proteica, uno studio ha valutato i possibili effetti della pastorizzazione (55°C per 180 min) sulla qualità proteica dell’albume, i ricercatori in questione dopo aver sottoposto 10 dozzine di uova a questo trattamento termico hanno valutato settimanalmente per 2 mesi il contenuto, la qualità e la digeribilità delle proteine.
I risultati comparati con albume non pastorizzato non rivelarono differenze e/o decadimenti nelle proprietà nutrizionali e nella qualità proteica e la digeribilità risultò addirittura migliore in quelle pastorizzate.
Tali evidenze vengono confermato da un altro studio in cui vennero comparati assunzioni di uova cotte e uova crude marcate con “stable isotope-label” I cui risultati dimostrarono assorbimenti proteici a livello dell’ileo del 92% nel caso delle uova cotte e del 51% nel caso delle uova crude. Infine, per confermare ancora l’importanza del consumare uova cotte piuttosto che crude, un altro studio dimostrò come la cottura delle uova possa ridurre l’allergenicità delle stesse relative all’ovoalbumina.
Riassumendo, per le uova, non sembrano esserci decadimenti relativi alla cottura del prodotto che possano influenzare il contenuto o la qualità proteica, in ogni caso la cottura determinerà modifiche strutturali a carico della componente proteica che, non si rifletteranno in riduzioni della % di assorbimento/digeribilità della stessa che al contrario, aumenterà, ma avrà effetti diversi nelle tempistiche di digestione (in base al tipo di cottura).
Dunque per quanto abbiamo detto finora l’impatto della cottura in generale risulta essere diverso in base al tipo di matrice alimentare (e di conseguenza la componente proteica) che abbiamo di fronte, dunque non esistono regole universali.
In Conclusione
In questo articolo abbiamo preso due alimenti che risultano contenere proteine ad alto valore biologico e abbiamo visto come nel caso del latte e derivati trattamenti termici prolungati (soprattutto nelle diete di atleti che desiderano preservare il massimo delle qualità nutrizionali dell’alimento) causano sostanzialmente soltanto effetti negativi sia ai danni del contenuto vitaminico che in quello proteico che in primis causerà una riduzione della digeribilità del prodotto e successivamente potrà anche andare ad abbassare direttamente il valore biologico delle proteine privandole di aminoacidi essenziali che non risulteranno più disponibili.
Al contrario nel caso delle uova abbiamo sì un decadimento vitaminico (soprattutto legato alla cottura del tuorlo) ma sostanzialmente non si avranno effetti negativi per quanto riguarda la qualità proteica mentre la digeribilità risulterà addirittura maggiore. Per le uova un buon compresso sarà l’uovo alla coque, in cui avremo l’albume ben cotto e il tuorlo semicotto preservando antiossidanti e vitamine nello stesso, denaturando l’avidina (FAN) e aumentando l’assorbimento della componente proteica.
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